Ci fu un giorno

Ci fu un giorno in cui, svegliandomi, mi ritrovai davanti ad un uomo che mi fece paura; me ne andai e non feci ritorno. Provare paura per l’uomo che credi di amare e con il quale hai condiviso un tratto della tua vita è qualche cosa che ti lacera dentro. La cosa assurda è che la prima domanda che ti poni è: cosa ho fatto per scatenare questa rabbia così violenta? La prima reazione è quella di colpevolizzarti. La seconda è quella di fingere, nascondere tutto alla tua famiglia, agli amici, per non addolorarli, per vergogna, per orgoglio, addirittura per proteggere lui dal giudizio degli altri, senza una logica, senza una ragione. La violenza segue tante strade, può essere fisica, psicologica, manifesta o latente ma è sempre violenza. E l’amore, con tutto questo, non ha nulla a che vedere.  La mia esperienza fu sconvolgente per cui non riesco neppure ad immaginare cosa voglia dire subire violenza da parte di un padre, un marito, un compagno, un amico, un estraneo; non posso dare consigli ma posso mettermi a disposizione, per tutte quelle donne che conosco e che, magari, soffrono in silenzio, che subiscono pensando di non avere nessuno con cui parlare, che non riescono a trovare la forza per liberarsi da un rapporto malato. Posso chiedere alle donne di smetterla di giudicare, denigrare, rivolgersi ad altre donne con epiteti orribili, quel “troia”, “puttana” che dovrebbero essere ormai considerati medioevali. Così non funzionerà mai. Se noi per prime non impareremo a rispettarci, ad essere coese, a sostenerci vicendevolmente, non potremo mai uscire da tutto questo e lasceremo spazio pericoloso ad omuncoli come Feltri, del quale non riporterò le parole scritte sulla ragazza stuprata da Genovese, in quanto credo che fare da cassa di risonanza ad un saccente egocentrismo maschilista tanto immorale sia come diffondere un veleno alle radici della nostra società evidentemente già troppo ammalata.